della serie: Il Restauro Storico
Si ringrazia il Prof. Domenico Miriello del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell'Università della Calabria - Campus di Arcavacata
Trascrizione:
Buongiorno a tutti. Sono Domenico Miriello e lavoro all'Università della Calabria, Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra. Sono un geologo specializzato in petrografia applicata ai materiali antichi.
Oggi vorrei parlare di un prodotto affascinante della tradizione tecnologica antica: le malte. Probabilmente molti di voi ne conoscono alcune, altri meno, quindi mi permetto di introdurre brevemente il concetto di malta.
Cos'è una malta? Una malta è un impasto o una miscela tra un legante (calce, gesso o argilla nelle malte storiche e cemento Portland nelle moderne), sabbia (comunemente chiamata aggregato) e acqua. Questi tre elementi generano la malta, un composto che indurisce rapidamente, fa presa e unisce, ad esempio, i blocchi da costruzione all'interno di una muratura. Un tipo particolare di malta è l'intonaco, usato per proteggere, ricoprire pavimenti e muri, e talvolta per scopi decorativi, con pigmenti o pitture, come a Pompei.
Le malte sono prodotti cruciali nel restauro di materiali lapidei. Prima di intervenire con un restauro, è essenziale studiare i prodotti del passato, carpirne i segreti e determinarne la ricetta. La ricetta, apparentemente semplice, come l'impasto di calce, sabbia e acqua, è in realtà complessa. Nella tradizione storico-archeologica del restauro, esistono centinaia di ricette di malte. In passato, potevano essere aggiunti ingredienti apparentemente estranei, come semi di frutti o addirittura sangue, ciascuno con una funzione specifica.
La componente chiave è la sabbia, conferendo alle malte diverse proprietà. Mostro l'esempio di Santa Sofia a Istanbul, basilica di grande importanza storico-architettonica, restaurata nel corso dei secoli. Un italiano, Fossati, nell'Ottocento la restaurò utilizzando una malta particolare, un impasto di calce, gesso e fibre vegetali.
Perché la comunità scientifica studia le malte? Se osserviamo un monumento moderno, ad esempio un balcone con malta a base di cemento Portland, le specifiche indicano una resistenza di 50-70 anni, talvolta 100 anni. Ma è evidente la fragilità di questo materiale che, dopo qualche decennio, soprattutto in ambienti corrosivi come quelli vicino al mare, può subire danni notevoli.
Le malte del passato resistono al tempo molto meglio del cemento Portland. La Torre di Pisa, costruita nel 1173, ne è un esempio. Nonostante i primi segni di cedimento, la torre è in piedi oggi grazie alle sue murature a sacco con un impasto di malta particolare, ricreato con una ricetta interessante.
La microscopia ottica a luce polarizzata è fondamentale per studiare le malte al microscopio ottico. Per studiare una malta, è necessario ricavarne una sezione sottile, inglobata con resine particolari per essere tagliata a fettine sottilissime. La luce polarizzata attraversa la sezione sottile, interagendo con i minerali che costituiscono la sabbia della malta. Le proprietà dei minerali forniscono informazioni sulla composizione chimica e mineralogica del campione.
Altri metodi utilizzati in laboratorio includono onde elettromagnetiche, come i raggi X e la spettroscopia infrarossa, che forniscono informazioni sulla chimica delle malte. La tecnica più importante è la microscopia ottica, che permette di studiare dettagliatamente le antiche ricette.
Durante gli ultimi restauri della Torre di Pisa, sono state effettuate indagini avanzate, estratti carotaggi sottoposti a prove di trazione e riflessione. Alcuni studi su malte antiche, come quelle di Santa Sofia, hanno rivelato l'uso di ceramica frantumata con un alto contenuto di silice libera reattiva, che interagiva con la calce formando minerali resistenti.
Un altro segreto per la durevolezza millenaria delle malte romane è la pozzolana, come quella del Vesuvio. Utilizzata come sabbia nell'impasto, ricca di silice libera e alcali, catalizzava la formazione di fasi C-S-H che rendevano le malte estremamente durevoli. Gli antichi, come gli Aztechi a Città del Messico, sapevano costruire malte leggere con l'aggiunta di sabbia di pomice, ideali per resistere a fenomeni sismici.
In conclusione, spero che questa presentazione offra una prospettiva interessante sulle malte, aprendo la possibilità di riflettere sul modo in cui costruiamo oggi. Le civiltà del passato costruivano monumenti che duravano anche duemila anni, mentre la nostra, nella migliore delle ipotesi, realizza qualcosa che dura al massimo un secolo. Speriamo che questo stimoli una riflessione sul modo in cui costruiamo oggi. Grazie.
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